martedì 10 luglio 2012

PER FARE BISOGNA ESSERE


Per fare bisogna Essere

“L'uomo è una macchina, tutto ciò che fa, tutte le sue azioni, tutte le sue parole, pensieri, sentimenti, convinzioni, opinioni, abitudini, sono i risultati di influenze e impressioni esterne. Per "fare" bisogna essere.
George Ivanovitch Gurdjieff”


Gurdijeff, grande esoterista del novecento e che racchiude in se una grande verità. Il primo passo per cominciare ad “essere” ed aprire gli occhi, è quello di impegnarsi in una pratica meditativa che incida sottilmente e silenziosamente nella nostra mente, che non scada in semplice ricreazione mentale. Non è un percorso semplice e soprattutto non è una cosa che si può fare una tantum a tempo perso, ci vuole molta costanza e molti saranno gli ostacoli, soprattutto inizialmente, le famose distrazioni, danno il tormento perché la mente non vuole “esser messa da parte”. Non ci saranno cambiamenti repentini ed eccezionali, nella meditazione non si lavora sulla superficie, ma nell'abisso. La trasformazione sarà quindi tanto impercettibile quanto profonda e piano piano si irradierà anche all’esterno. Devi cambiare te stesso prima di poter modificare la realtà attorno a te. L'osservazione di sé necessita assoluto isolamento in se stessi.
Bisogna armarsi di pazienza perché all’inizio tutti pensano sia semplice, tanto basta sedersi e non fare nulla. Poi si inizia la pratica e ci si accorge subito della quantità sbalorditiva di pensieri che navigano nella  mente. La cosa diventa frustrante quando ci si rende anche conto che, non solo i pensieri si susseguono l'un l'altro in modo assai veloce e inconsapevole, ma che si accavallano gli uni sugli altri, creando stratificazioni di pensieri su pensieri.
Per affrontare questo tema probabilmente non basterebbe un libro, inoltre, se non avete mai praticato prima d’ora la meditazione, riempirsi di nozioni servirebbe solo a crearvi confusione e a fornirvi informazioni che, senza l’esperienza, rimarranno tali.
L’unica cortezza è quella di non imporvi di non pensare a nulla, sarebbe un inutile sforzo e questo vi creerà nervosismo. La meditazione deve essere gioia, deve essere un piacere. Inizialmente potrete dedicarvi all’osservazione cercando d’essere dei guardiani assai scrupolosi.
Essere in questo stato conduce già di per sé a un estremo rallentamento della produzione dei pensieri medesimi. In questa condizione, osservate i pensieri alla loro origine. Più sarà intensa la vostra vigilanza e più velocemente ci accorgeremo del loro sorgere. Al nascere di ogni singolo pensiero, ponetevi la domanda silenziosa, senza verbalizzarla concettualmente: "Da dove viene?". Lo scopo di questa domanda è semplicemente quello di far cadere il pensiero sul quale si pone, senza farvi cadere in riflessioni o intellettualismi del genere “Forse questo pensiero arriva dalla coscienza, o dall’io, o da un altro pensiero”
Nulla di tutto questo, appena sorge il pensiero, quando ancora non ha invaso completamente il vostro schermo mentale, nella sua situazione embrionale, prima che esso assuma un potere eccessivo sulla vostra mente, ponete la domanda: "Da dove viene?", e così il pensiero stesso esplode come una bolla di sapone, facendo ritornare la mia consapevolezza al suo centro. E così via con i pensieri che sorgeranno dopo. Con il tempo e con la pratica la densità dei pensieri diminuirà
ulteriormente. La mente diverrà una sorta di lago chiaro e quieto sul quale sorgeranno qui e là bolle d'aria destinate anch’esse ad esplodere. 

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