martedì 24 luglio 2012

LA STORIA DELL'INCENSO NEL MONDO



Così come avviene attualmente, nelle epoche passate l'incenso fu utilizzato per scopi ben precisi:
  • Per ingraziarsi gli Dei. Si offrivano particolari miscele o resine, scelte specificatamente, in onore della Divinità.
  • Veicolo di preghiera. L'incenso era considerato un veicolo per le orazioni. Fin dai tempi antichissimi, coloro che si apprestavano a bruciare l'incenso, sapevano benissimo che, il fumo ascendente fosse in grado di modificare le vibrazioni dell'ambiente, elevando così la preghiera.
  • Veicolo per modificare lo stato d'animo. Gli aromi e le vibrazioni dell'incenso predispongono chi lo brucia al raggiungimento di un determinato obiettivo o suscitano uno stato d'animo concreto nelle persone che si trovano in una stanza impregnata d'incenso. Gli odori e le vibrazioni risvegliano in ogni persona sensazioni e ricordi molto particolari e predispongono il corpo, l'anima e lo spirito al raggiungimento dei propri scopi.
  • L'Egitto al tempo dei Faraoni.
    Gli antichi Egizi erano maestri nella preparazione e nell'utilizzazione dell'incenso ed elevarono entrambe le attività alla categoria di arte sublime. Il più famoso fra tutti i tipi di incenso egizi era il kifi. Lo storico greco-romano Plutarco scrisse verso l'anno 100 d.C. le seguenti parole:"Gli ingredienti del kifi ci donano il benessere. Il kifi può cullare l'uomo nel sonno, evocare sogni e scacciare le preoccupazioni quotidiane, poiché conferisce pace e serenità a chi lo respira".
    Gli ingredienti del kifi si mescolavano nel corso di un rituale segreto durante la recitazione di testi sacri. Uno degli ingredienti del kifi era la resina di olibano; gli Egizi inviavano spedizioni speciali nella terra chiamata Puntper raccogliere laggiù la gommoresina. La resina chiamata incenso è la miscela di resine e mucillagini che trasudano dalla corteccia di alberelli della famiglia delle Burseracee, come Boswellia thurifera o Boswellia carteri, e tali alberi crescevano soprattutto nella terra di Punt, vale a dire nell'interno della costa somala, in Africa Orientale, vicino all'attuale Etiopia. Per quanto sappiamo oggi, gli egizi preparavano tradizionalmente il kifi lasciando macerare per alcuni giorni l'incenso nel vino bianco. Venivano poi aggiunte in parti uguali le erbe di ginepro, acacia, radice di acoro e ligustro. Dopo una seconda macerazione, si aggiungevano mastice, cannella, menta, giaggiolo, alloro e galanga. Il tutto finalmente veniva polverizzato e utilizzato per le cerimonie.
    Per i loro Dei gli egizi utilizzarono le varietà più preziose di incenso. Si è potuto constatare che in alcuni dei vasi preziosi ritrovati nelle camere funerarie di Tutankhamon vi erano certi tipi di incenso che hanno conservato il loro magnifico aroma attraverso i secoli.

    L'Ebraismo dell'Antico Testamento.
    I numerosi riferimenti che contiene l'Antico Testamento, riguardo all'incenso, consentono di supporre che anche nell'ebraismo la combustione dell'incenso godesse di una vasta tradizione. Oggi gli scienziati ritengono che gli ebrei conoscessero i suffumigi rituali già verso il VII secolo a.C., probabilmente ispirati dai babilonesi. Inizialmente le miscele di incenso erano costituite da pochi ingredienti: essenza di mirra, galbano, olibano puro. La preparazione era riservata ai sacerdoti ed era un procedimento sublime e segreto, altrettanto quanto lo era stata la preparazione del kifi all'epoca dei faraoni egizi.
    L'incenso non veniva utilizzato unicamente come offerta divina di per sé, ma era un'offerta che veniva realizzata in congiunzione con molti altri sacrifici. Si bruciava in turiboli, quando il sommo sacerdote compariva davanti al Tabernacolo ( Levitico 16, 12 ), e per esempio anche quando Aronne attraversò la comunità scacciando la peste con i suoi suffumigi. In questo caso l'incenso non agiva soltanto da veicolo di riconciliazione con Dio, ma anche da disinfettante ( Numeri 176, 12 ).

    L'antichità greca.
    Secondo gli studi di cui disponiamo ad oggi, tutto sta ad indicare che l'incenso, nella forma in cui lo conosciamo attualmente, non venne utilizzato dai greci fino all'epoca di Omero, vale a dire fino al V secolo a.C. Lo storico romano Plinio scrisse che a quell'epoca "si conosceva soltanto l'aroma del legno di cedro e degli agrumi, che si innalzava in spesse nubi dall'altare delle offerte". Al pari dei loro predecessori e successori, i greci credevano che un odore dolce e penetrante fosse gradito agli dèi e li rendesse ben disposti verso le offerte e le preghiere.

    I Romani.
    Nella religione statale romana una delle offerte incruente più importanti era il sacrificio di tus, vale a dire parti dell'albero dell'incenso o qualunque resina di incenso (olibano). E' necessario supporre che originariamente il tussi componesse di vari legni romatici ed erbe, così come lo descrive Ovidio nella sua cronaca della festa dellePalilia, celebrata dai pastori. Nel suo racconto menziona rami di olivo e alloro, così come rami dell'albero sade, simile al ginepro che cresce nelle regioni calde. Successivamente, al posto delle sostanze aromatiche menzionate, o in aggiunta a queste, si utilizzarono anche alcune specie di gomma e resine: incenso, mirra, zafferano e altre.
    Come nel periodo greco, all'epoca dell'impero romano si utilizzò l'incenso in offerte realizzate durante i servizi divini pubblici e in sacrifici offerti alle divinità domestiche. L'incenso veniva offerto tanto sui grandi altari quanto su quelli piccoli portatili ( foci turibulum ). Gli utensili per i suffumigi si trasportavano e si conservavano in una cassetta denominata acerra, che si seppelliva nella tomba accanto ai morti.

    L'Induismo.
    Potremmo considerare l'induismo uno dei "bastioni" dell'uso dell'incenso. Gli induisti sono stati affascinati e ossessionati in tutte le epoche dagli aromi fragranti, e già nell'antichità classica erano famosi per i loro profumi. Uno dei primi prodotti che importarono fu l'incenso dell'Arabia ma, indipendentemente da questo fatto, da tempo immemorabile era conosciuta fra gli indù ogni categoria di sostanze aromatiche autoctone, come il benzoino e altre resine e vari tipi di caucciù, come pure sementi, radici, fiori secchi e specie di legno aromatico di intensa fragranza.
    Gli indù bruciavano incenso per gli stessi motivi dei greci e dei romani, nel quadro di riti pubblici e nell'intimità dei focolari. Presumibilmente uno dei loro ingredienti prediletti era il legno di sandalo. Oggi il sandalo continua ad essere un componente essenziale dei bastoncini di incenso, che si importano in grandi quantità dall'India.
    L'incenso si brucia anche nell'induismo moderno. Per esempio nell'Orissa un sacerdote brucia tutti i giorni incenso e profumi su una pietra in onore di Shiva ( la pietra che rappresenta la divinità). E davanti all'immagine di Krishna si bruciano canfora e incenso.

    La Cina.
    I cinesi sembrano avere una familiarità assoluta con l'incenso. Nei templi si brucia incenso nel quadro del servizio divino e dei riti quotidiani. Viene anche utilizzato in festività e processioni e inoltre si usa come offerta sugli altari consacrati agli Dei domestici e agli antenati. Si raccomanda di bruciare incenso quando si consultano gli oracoli degli Dei e quelli delloIChing (Il Libro dei Mutamenti), così come praticamente in tutte le cerimonie magiche.
    L'incenso svolge anche un ruolo importante nei riti e nelle processioni funerarie cinesi, poiché non soltanto vi si attribuisce la qualità di purificare l'atmosfera, ma fa anche le veci delle offerte ai morti: deve rallegrare gradevolmente il senso dell'olfatto dei morti.

    Il Cristianesimo.
    Nei riti della Chiesa cristiana l'incenso si è introdotto solo in modo lento e graduale. I servizi divini della Chiesa primitiva erano molto semplici; a quell'epoca l'incenso si utilizzava esclusivamente a scopi di purificazione, di pulizia, e si evitava in tutte le altre circostanze, poiché si vedeva in esso un elemento di origine ebraica e pagana. Nel libro Peregrinatio ad Loca Sancta, durante il viaggio di una certa Silvia di Acquitania fra il 385 e il 388 d.C., la pellegrina offre descrizioni complete e dettagliate dei servizi divini, compresi quelli della Settimana Santa, a cui partecipò durante la sua visita a Gerusalemme. Fra l'altro in questo libro si può leggere che "si portarono i turiboli alla grotta sacra (delle chiese sacre) e tutta la chiesa si ubriacò di aroma".
    Sembra abbastanza sicuro che i cristiani utilizzassero già l'incenso quando l'imperatore romano Costantino proclamò il cristianesimo religione ufficiale. L'enciclica Liber pontificalis, redatta durante il pontificato di papa Silvestro (314-355), include la stesura dell'inventario delle chiese fatte costruire da Costantino a Roma. Da tale relazione si ricava che in varie chiese esistevano incensieri d'oro.
    Il fatto che l'uso dell'incenso nella religione ebraica possa avere reso diffidenti i primi cristiani è possibile che corrisponda alla realtà. Ma una ragione più importante per i cristiani nel rifiuto di usare incenso era naturalmente la sua associazione con il paganesimo, compresa quella pratica romana che obbligava i cristiani, mediante un sacrificio di incenso, ad abiurare la loro fede.
    La ricetta più antica la cui conoscenza ci sia stata tramandata dalla tradizione scritta proviene da un libro dell'Antico testamento, l'Esodo (cap. 30, versetto 34). Mosè ricevette una ricetta composta da storace, guscio di conchiglia odorosa, galbano e puro incenso, unita al precetto di utilizzare questo suffumigio esclusivamente per onorare Dio.

    L'Islam.
    Nell'Islam l'incenso non ha un'importanza particolare; tuttavia agli altari dei santi si offre regolarmente incenso e allo stesso modo nei funerali la tradizione autorizzava l'uso di incenso come "profumo per i defunti". Al contrario, i musulmani che vivono in India bruciano (probabilmente per influsso dell'induismo) incenso nei loro riti (circoncisione, matrimonio, inumazione), poiché assicurano che tenga lontani gli spiriti maligni.

    Tuttavia, questi sono studi puramente storici, basati sulla "conoscenza" reperibile. È molto più opportuno (e logico) credere che, la pratica di bruciare particolari erbe, legnetti e resine, avvenisse fin da tempi molto più remoti da quelli indicati sopra. Il gesto era quello di gettare sulle braci di fuoco tali componenti come offerta, per ricevere clemenza e buon auspicio, a ciò che di superiore abbiamo saputo da sempre esistere "sopra" di noi. 

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